Famiglia
L’iniziazione cristiana è il cammino di fede che, grazie soprattutto ai sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia, introduce nella vita cristiana, cioè fa diventare cristiani, inserendo nel mistero di Cristo e della Chiesa.
La catechesi dell’iniziazione cristiana non è semplicemente insegnamento dottrinale né introduzione ai sacramenti, ma è “introduzione globale alla vita cristiana”. Di conseguenza, per ogni aspetto o tema catechistico bisogna avere presenti e far esperimentare i tre ambiti fondamentali della vita cristiana:
– evangelizzazione (annuncio, ascolto e conoscenza della Parola di Dio)
– celebrazione
– testimonianza (soprattutto della carità).

 

 

 

 

PROPOSTA DIOCESANA

La revisione dell’impianto dell’Iniziazione cristiana tocca un pilastro fondamentale della formazione dell’essere cristiano e della Comunità cristiana. È perciò in gioco la missione essenziale della Chiesa; la sua stessa ragione di essere che consiste nell’annunciare Gesù Cristo, unico Salvatore, renderlo presente e introdurre le persone all’incontro salvifico con Lui per vivere un’esistenza rinnovata di fede – speranza – carità e avere la vita eterna. Nella Chiesa, d’altra parte, si accede per la porta della fede e si diventa membra vive con i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, per cui, con l’Iniziazione cristiana, la Chiesa rigenera se stessa. Questa riflessione fa comprendere che l’Iniziazione cristiana non è un aspetto secondario e marginale, ma centrale e prioritario della vita e della missione della Chiesa. Pertanto, la Chiesa ha sempre praticato l’Iniziazione cristiana, per la chiara ragione che «cristiani non si nasce, si diventa» (Tertulliano, Apol. 18,4).
Tuttavia, il modello, il processo di Iniziazione cristiana, è avvenuto in forme e modalità diverse nel corso della storia. Gli storici hanno distinto varie epoche, delineandone i caratteri precipui.
Noi siamo chiamati, oggi, a re-impostare la modalità di Iniziazione cristiana adottata dalla Chiesa in Occidente nei secoli passati e che, certamente, ha dato ottimi frutti. Sorge, allora, la domanda: “Perché mettere in discussione e rivedere il modello che è stato adottato e ha funzionato per secoli?”.
La risposta è che quel modello, adottato nel passato, non appare più, oggi, funzionale all’obiettivo che si propone, e può essere migliorato per diverse ragioni.
Si deve tenere in conto un aspetto essenziale della vita della Chiesa: la storicità. La Chiesa è un organismo vivo che si sviluppa dentro il tempo; non perde la propria identità essenziale, come la persona nel suo sviluppo da bambino ad adulto, ma assume forme nuove. Nell’indire il Concilio Vaticano II, Papa Giovanni XXIII diceva che la sostanza della fede rimaneva intatta, ma la forma di presentarla doveva adattarsi alla mentalità e alla cultura dell’uomo contemporaneo per esser meglio espressa e meglio compresa. Ma anche la società, la cultura, la mentalità, i modelli e stili di vita, i sistemi politici ed economici sono soggetti al cambiamento.
Negli ultimi tempi, è avvenuto progressivamente il passaggio da quella che è stata definita la ‘cristianità’ ad una società e cultura ‘secolarizzata’ e pluralistica.
La ‘cristianità’ era caratterizzata da una rilevanza sociale, pressoché monolitica, del cristianesimo, da una cultura e da leggi impregnate di valori cristiani – pensiamo, ad esempio, alla domenica e al matrimonio – da una pratica generalizzata dei sacramenti. La catechesi era impostata come scuola di dottrina cristiana.
Esistevano associazioni cattoliche in quasi tutte le categorie professionali; persino banche cattoliche. I preti insegnavano la religione a scuola. La fede si trasmetteva per tradizione sociale.
Non che tutti avessero una fede personale convinta e vivessero coerentemente i valori cristiani. Esistevano larghi strati di indifferenza e di cultura laicista e, anche, di aperta opposizione alla visione cristiana. Il nostro Veneto era, palesemente, di “colore bianco”.
Questo modello, – già in crisi negli ultimi secoli – negli ultimi decenni, particolarmente a partire dagli anni ’68-’70 del secolo scorso, si è venuto progressivamente e rapidamente esaurendo e sgretolando sotto l’influsso di fattori diversi culturali e sociali. Questo è evidente, soprattutto, nelle nuove generazioni.
I sacramenti dell’Iniziazione cristiana continuano ad essere sì largamente richiesti, nonostante la fine della cristianità, in ragione di un più forte radicamento della fede negli anziani e adulti, e come riti di passaggio, ma ciò avviene spesso con deboli motivazioni di fede. Va tenuto presente, al riguardo, che è in crescita il numero di bambini che non vengono battezzati subito dopo la nascita, mentre il fenomeno dell’immigrazione ha immesso nella società un numero rilevante di non cristiani.
È ben noto che, dopo la Cresima, la maggior parte dei cresimati lascia o diminuisce la partecipazione alla Messa domenicale. Sul piano etico si è scavato un fossato tra le norme proposte dalla Chiesa e la cultura e la prassi corrente, particolarmente in tema di sessualità e matrimonio. La stessa fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è percorsa dal dubbio presso non pochi battezzati e cresimati.
Si comprende, allora, come, di fronte alle profonde trasformazioni verificatesi negli ultimi tempi, sia stato lanciato l’appello ad una “nuova evangelizzazione”, soprattutto da Papa Giovanni Paolo II, e la conversione da una pastorale di conservazione ad una pastorale specificatamente missionaria.
Ma già il Concilio Vaticano II si collocava chiaramente nell’orizzonte del passaggio epocale dalla cristianità alla società secolarizzata e globalizzata e proponeva delle linee di nuova evangelizzazione.
È significativo che il 1° Convegno di Aquileia, nel 1990, aveva come programma centrale: “Le Chiese delle Venezie per la nuova evangelizzazione”.
Il Papa Benedetto XVI non cessa di individuare nella crisi della fede il nodo centrale della situazione odierna e, quindi, della missione della Chiesa e della pastorale. In questa ottica ha eretto un nuovo Dicastero – il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione (2010) – e proposto l’ “Anno della fede”. Il prossimo Sinodo del Vescovi, convocato per l’ottobre di quest’anno, ha come tema “La nuova evangelizzazione”.
È in questo contesto storico, che esige una nuova evangelizzazione, che si comprende e si giustifica l’esigenza di una corrispondente rinnovata Iniziazione cristiana.
L’evangelizzazione, infatti, ha come obiettivo fondamentale quello di annunciare Gesù Cristo e di accompagnare all’adesione di fede in Lui, all’adozione di una vita nuova e all’incorporazione nella Comunità ecclesiale.

+ Antonio Mattiazzo, vescovo